UNA FERITA CHE SANGUINA

La vittoria nel referendum inglese di coloro che vogliono uscire all’Unione Europea rappresenta una ferita profonda per tutti i cittadini a cui stanno a cuore il futuro dei popoli del vecchio continente e il destino delle nuove generazioni. E’ un colpo duro all’obiettivo antico e irrinunciabile “per un’Europa (sempre più) libera e unita”, riprendendo il titolo del Manifesto di Ventotene. Solo un’Europa organizzata e viva può portare alla crescita della democrazia e assicurare uno scenario di pace e di progresso sociale ai tanti popoli e alle tante genti che l’attraversano e che l’abitano.

Il leader del fronte exit, Nigel Farange, ha così commentato il successo al referendum di ieri:”..è una vittoria della gente vera, una vittoria della gente ordinaria, una vittoria della gente per bene. Abbiamo lottato contro le multinazionali, le grandi banche, le bugie, i grandi partiti, la corruzione e l’inganno“. Ecco il nuovo-fascismo che cresce celandosi dietro parole d’ordine retoriche, vacue, queste sì ingannatrici. Sono le viscere ultranazionaliste, l’egoismo del noi contro gli altri, gli interessi dei magnati di turno che soffiano sulle divisioni, sulle paure, sul bisogno del nemico che di volta in volta sono appunto i partiti, le istituzioni pubbliche, le tasse, le multinazionali, la “plutocrazia” come urlavano i fascisti e i nazisti negli anni Trenta. Manca solo, per ora, il riferimento agli ebrei che con le loro banche “succhiano il sangue al mondo” e poi lo scenario sarà completo. Questa la deriva, molto più che populista, nella sostanza neo-fascista, che sta crescendo ogni giorno nelle molte periferie cultuali, non solo sociali, del mondo globalizzato. E personaggi come i Farange, i Le Pen, qualche loro emulo italiano che con la cravatta verde, non fanno altro che alimentarla nella speranza di guadagnarci robuste fette di potere.

In un quadro così preoccupante, da non sottovalutare, c’è purtroppo la anche responsabilità di una parte importante della sinistra europea. Il leader dei laburisti inglesi, Jeremy Corbyn, ha avuto un atteggiamento distaccato, quasi che il referendum sull’Europa fosse solo un affare di Cameron, nella nascosta speranza che lo perdesse. E così, quella che fu un tempo la gloriosa e riformista sinistra inglese è rimasta passiva lasciando che il malessere sociale e le idee di cambiamento abbandonassero i temi della giustizia, della solidarietà e dell’innovazione per approdare sulla riva dei Farange di turno, del populismo più spiccio, del mito del nazionalismo e di una cultura politica che ha tutti i crismi, ripetiamo, del nuovo-fascismo.

La vittoria del no all’Europa è una ferita che non sarà facile ricucire. Non è un problema economico, è prima di tutto un problema di civiltà, di democrazia e di futuro dei nostri figli. Deve preoccupare tutti e non può lasciare indifferenti, nessuno.

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