Consigli di lettura: “La vita e i giorni”

La vita e i giorni. Sulla vecchiaia

di Enzo i Bianchi   Soc. ed. Il Mulino 2018 € 13

Riportiamo ampi stralci tratti dal capitolo “Lasciare la presa e ricordare” del nuovo libro di Enzo Bianchi. Il capitolo è stato pubblicato sul quotidiano La Stampa venerdì 13 aprile u.s. Riteniamo costituisca un buon invito alla lettura.

Lasciare la presa: è un’arte non facile, eppure è la prima da esercitarsi nella vecchiaia. E’ l’arte del distacco, del saper prendere una distanza, dell’accettare di non poter più tenere in mano tutte le corde. Questo distacco cambia a seconda delle persone: per alcuni è dovuto alle leggi del lavoro che pongono un termine all’esercizio della professione; per altri dipende da una loro libera scelta.     Vi è comunque sempre un’alternativa: continuare come prima, come se gli anni sopraggiunti non avessero un significato e non richiedessero un necessario mutamento, oppure prepararsi ad abbandonare la funzione, il posto, lasciando ad altri, alle nuove generazioni, la possibilità di subentrare e portare avanti ciò che per noi umani resta sempre inadempiuto.

Ognuno di noi vorrebbe portare a termine l’opera che si è prefisso e trova sempre delle ragioni per non mollare la presa. Si vuole portare a termine l’ultimo progetto, si vuole che i figli raggiungano certe posizioni, si vuole che vi siano condizioni più favorevoli. In realtà si vuol continuare a vivere come prima, senza quei cambiamenti che fanno paura, senza abbandoni che fanno cadere nell’incertezza e nell’ansia. Bisogna in realtà essere convinti che si può diventare vecchi e vivere trovando senso senza restare fino all’ultimo aggrappati a “quello che si faceva”(…….).

Certo ci sono distacchi; lasciare la presa dal lavoro e dalla propria funzione è il fatto più evidente da viversi nella vecchiaia, ma altri distacchi si impongono che vanno accettati come un’occasione di mutamento, per fare altre cose, per cambiare stile di vita, per semplificare ciò che diventa complesso e più faticoso, per abbandonare alcuni impegni di una vita iperattiva. E’ un’esperienza di “diminutio” e di semplificazione.

Lasciare la presa permette di discernere ciò che è essenziale per una vita sensata. E’ giunto il tempo dell’”otium”, del “dolce far niente” che può essere vissuto cercando la quiete, aumentando il tempo da dedicare alla vita interiore, per essere più liberi dalle esigenze imposte da altri. Lasciare la presa non è lasciar cadere dalle mani nel pozzo la corda del secchio, ma lasciare alcuni fili per stringerne con più forza altri.  Lasciare la presa significa anche esercitarsi ad accettare l’incompiuto: non è un esercizio facile perché chi diventa anziano è convinto di dover portare a termine la propria opera, ha sempre qualcosa da completare, ma occorre accettare che lasciamo qualcosa di incompiuto; anche la nostra vita resterà incompiuta.”……”.

Una delle attività esercitate nella vecchiaia è quella del ricordare. Nella giovinezza lo sguardo è rivolto in avanti, per i vecchi il passato, l’aver vissuto, è la vita perché il tempo da vivere resta breve. A volte i ricordi dell’infanzia, della giovinezza ed anche della vita matura diventano racconto, narrazione ad altri oppure scrittura autobiografica o di memorie per rileggere il passato con gli occhi e con il cuore che si hanno dopo averlo attraversato.

Aveva ragione ancora una volta il grande Garcia Marquez: “ la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.”

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