C’era una volta la fantascienza

Sono sempre stato un lettore appassionato di fantascienza. Dalle varie collane Mondadori, a partire dalla storica Urania, fino al grande lavoro editoriale di qualità svolto dalla Libra, piccola Casa Editrice bolognese con le sue due collane dei “Classici” e degli “Slan” (dedicata ai nuovi autori ed alle nuove tendenze) per finire con la NORD, che per parecchi anni ha rappresentato il punto di riferimento più importante per questo settore letterario! Certamente, alcune opere ed alcune piccole collane di fantascienza sono state edite anche da altre case, ma queste per l’Italia hanno rappresentato il livello più alto sia per quantità che per qualità della produzione editoriale.Tutto il novecento è stato un fiorire di letteratura fantascientifica con l’emergere di veri “mostri sacri” alla Isaac Asimov, Philyp K. Dick ecc. che svilupparono e diedero dignità letteraria a quella fantascienza avventurosa delle prime decadi e segnate da autori come E.R. Burroughs, H.G. Wells, degni seguaci dei capostipiti alla Jules Verne e E.A. Poe.

tripode alienoTripode alieno illustrato nell’edizione francese del 1906 de “La Guerra dei Mondi” di H.G. Wells

La data di nascita della fantascienza è convenzionalmente indicata al 5 aprile del 1926, quando uscì negli Stati Uniti la prima rivista di fantascienza, “Amazing Stories”.

Prima della fantascienza esistevano i resoconti dei viaggiatori, che presentavano elementi spesso fantasiosi o del tutto immaginari e cioè: “…da qualche parte, lontano da qui, in qualche angolo inesplorato del mondo, esistevano strane culture, fauna e flora esotiche, a volte persino mostri marini…”. La fantascienza vera e propria vide i suoi albori solo dopo la nascita della scienza moderna, in particolare dopo le rivoluzioni avvenute nel campo dell’astronomia e della fisica nel corso del Seicento. Fianco a fianco con l’antico genere della letteratura fantastica (di cui oggi il sottogenere più diffuso è il fantasy), vi erano notevoli precursori, tra i quali:

  • Il romanzo greco “La storia vera di Luciano Di Samosata”, primo resoconto noto di un viaggio sulla luna e di incontri con i Seleniti. Esso include due dei temi principali del genere: il viaggio su un altro corpo celeste e l’incontro con una civiltà extraterrestre.
  • Il trattato “La nuova Atlantide” (incompiuto) di Bacone, sebbene sia per lo più un trattato filosofico, racconta di una civiltà tecnocratica avveniristica che immagina molte delle nostre invenzioni future.
  • I viaggi immaginari sulla Luna del XVII Secolo, mostrati per la prima volta nel “Somnium”di Giovanni Keplero (1634), poi ne “L’altro mondo” o “Gli stati e gli imperi della Luna”(1657) di Savinien Cyrano De Bergerac.
  • Il mondo alternativo scoperto nell’Artico da un giovane nobiluomo nel romanzo di Margaret Cavendish del 1666 “The Description of a New World, Called the Blazing-World”.
  • Le descrizioni di vita nel futuro, come “L’Anno 2440” di Louis-Sebastien Mercier (1772) o la “Storia Filosofica dei Secoli futuri” di Ippolito Nievo del 1860. Tra queste opere vi è il secondo romanzo più venduto del secolo negli Stati Uniti: “Guardando Indietro” (Looking Backward) 2000-1887 di Edward Bellamy (1888).
  • Le culture aliene ne “I Viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift (1726) e ne “Il Viaggio Sotterraneo di Niels Klim” di Ludvig Holberg (1741).
  • Gli elementi di fantascienza nelle storie del XIX Secolo di Edgar Alla Poe, Nathaniel Hawthorne e Fitz-James O’Brien.

Negli ultimi decenni del secolo, le opere fantascientifiche per adulti e ragazzi erano numerose, malgrado non esistesse ancora il termine “science fiction“. Nella poesia romantica, inoltre, le immaginazioni degli scrittori portavano a visioni di altri mondi e di remoti futuri come in “Locksley Hall” di Alfred Tennyson. Voltaire, d’altra parte, chiamava il suo “Nicromégas” (1752) non un racconto fantastico, ma una “storia filosofica” (titolo ripreso poi, non a caso, da Nievo). Il più rilevante esempio rimane, però, il romanzo “Frankenstein” di Mary Shelley (1818). Brian Aldiss, nel suo libro “Billion Year Spree”, sostiene che Frankenstein rappresenta “il primo lavoro seminale al quale l’etichetta di fantascienza può essere logicamente appiccicata”. È anche il primo esempio del Cliché dello “scienziato”. Un altro romanzo avveniristico di Mary Shelley, “L’Ultimo Uomo” (The Last Man), è spesso citato come la prima vera storia di fantascienza.

La fantascienza in Europa inizia propriamente alla fine del XIX secolo con il romanzo scientifico (scientific romance), di cui un esponente di spicco fu Jules Verne (1828 – 1905), per il quale la scienza era piuttosto sul livello dell’invenzione, come pure le storie di critica sociale orientate alla scienza di H.G. Wells (1866 – 1946). Wells e Verne non furono privi di concorrenti nello scrivere la prima fantascienza: racconti e romanzi brevi con temi di immaginazione fantastica apparvero nei quotidiani per tutta la fine dell’Ottocento, e molti utilizzavano idee scientifiche come espediente per l’immaginazione. “Erewhon” è un romanzo di Samuel Butler pubblicato nel 1872 sul concetto che le macchine potessero un giorno diventare senzienti e supplenti della razza umana. Malgrado sia più conosciuto per altre opere, sir Arthur Conan Doyle scrisse anch’egli di fantascienza. L’unico libro col quale Charles Dickens si avventurò nel territorio della speculazione scientifica e negli strani misteri della natura fu il romanzo “Casa desolata” (Bleak house, 1852), nel quale faceva morire uno dei personaggi di combustione umana spontanea (dopo avere svolto minuziose ricerche sulla casistica del fenomeno). Wells e Verne avevano entrambi un bacino di lettori internazionale e influenzarono numerosi scrittori, in particolare in America, dove ben presto nacque fantascienza indigena. Molti scrittori britannici, inoltre, trovarono più lettori nel mercato americano, scrivendo in uno stile americanizzato.

Aleksandr Aleksandrovic Bogdanov, uno dei due fondatori del bolscevismo, medico, sperimentatore, filosofo ed economista, fu il più importante scrittore fantascientifico russo prima della rivoluzione del 1917, autore del popolare romanzo “La Stella Rossa” del 1908 e del suo seguito “L’ingegner Menni” del 1912, ambientati in un Pianeta Marte dalla società socialista utopica. Nel 1924 fu pubblicato il romanzo “Noi” del russo Evgenij Ivanovic Zamiatin, considerato il precursore di molti successivi romanzi distopici.

La science fiction, come fenomeno letterario di massa, è fatta risalire alla pubblicazione negli Stati Uniti del primo numero di Amazing Stories (Storie sorprendenti), il 5 aprile del 1926. Hugo Gernsback, il fondatore della rivista, nell’editoriale annunciava di voler pubblicare: “… Quel tipo di storie scritte da Jules Verne, H. G. Wells ed Edgar Allan Poe – un affascinante romanzo fantastico, in cui si mescolino fatti scientifici e visioni profetiche… “. Il successivo grande scrittore britannico di fantascienza dopo H. G. Wells fu Olaf Stapleton (1886-1950), le cui quattro opere maggiori “Last and First Men” (1930); “Odd John” (1935); “Star Maker” (1937); “Sirius” (1940), introdussero una miriade di idee che furono presto adottate da altri scrittori. Più tardi, le opere di John Wyndham (1903-1969) guadagnarono l’acclamazione del pubblico dei lettori e della critica. Wyndham, che firmava con una quantità di pseudonimi, amava definire la fantascienza come una logical fantasy. Prima della seconda guerra mondiale, Wyndham scrisse quasi esclusivamente per i pulp magazine statunitensi, ma nel dopoguerra divenne noto al grande pubblico, anche al di fuori dell’ambito degli appassionati, a partire dal suo romanzo più famoso “Il giorno dei Trifidi” del 1951.

Anni quaranta: l’epoca d’oro

La prima fantascienza aveva una forte base avventurosa ed era caratterizzata dalla “meraviglia” per i progressi della scienza (si era nell’epoca dell’avvento dell’elettricità), ma dagli anni quaranta cominciò a occuparsi più delle ripercussioni del progresso scientifico che non delle ipotetiche conquiste della scienza in sé stesse.

Questi anni sono dominati da John W. Campbell, che alla fine del 1937 assunse la direzione della rivista Astounding Stories nella quale ospitò tutti gli autori della cosiddetta Golden Age (Età dell’oro), quali A. E. Van Vogt, Isaac Asimov, Robert A. Heinlein, Clifford D. Simak, Ray Bradbury, Theodore Sturgeon: per quanto l’epoca d’oro vera e propria la si consideri terminata negli anni cinquanta, questi scrittori sarebbero diventati i “mostri sacri” a cui si sarebbero rifatti gli autori successivi, compresi quelli degli anni sessanta, anche solo per contestarli o farne la satira.

Secondo i critici degli anni cinquanta la caratteristica della fantascienza americana era l’estrapolazione, ovvero il riconoscimento, sulla base di alcuni elementi, di una tendenza in atto per proiettarla nei suoi sviluppi futuri, non tanto con lo scopo di prevedere il futuro come farebbe la futurologia, quanto per discutere fenomeni del presente estremizzandoli in un contesto ipotetico. Altri spunti critici mettono invece in luce il (prevalente) riferimento al “sense of wonder” (la meraviglia), che fa appello ad un analogo della “volontaria sospensione dell’incredulità” di cui parlava il poeta Coleridge (Quella volontaria e momentanea sospensione dell’incredulità che costituisce la fede poetica).

Anni cinquanta: tra sociologia e letteratura

Gli anni cinquanta segnano per la fantascienza americana un notevole cambiamento: all’atteggiamento fiducioso e ottimistico nei confronti della scienza, a causa della bomba atomica si sostituisce un approccio più angosciato. La guerra fredda, la società dei consumi, la paura del diverso (sia esso il comunista o il nero, a causa delle lotte per i diritti civili), la società di massa americana dominata da pubblicità e televisione(significativa fu la vittoria alle elezioni del 1952 di Dwight D. Eisenhower su Adlai Stevenson: nonostante Stevenson fosse candidato più colto e brillante, l’apparato pubblicitario scatenato per sostenere Eisenhower lo portò alla vittoria): tutti temi centrali per quella che verrà a lungo chiamata “fantascienza sociologica“. Rappresentanti più importanti di questa tendenza sono la coppia Frederick Pohl e Cyril M. Kornbluth, Robert Sheckley, Richard Matheson, Walter M. Miller nonché la prima produzione di Philip K. Dick.

Ma accanto a questa linea sociologica, che usa la fantascienza come strumento di critica della società americana e dei suoi eccessi, ce n’è un’altra, che s’incarna soprattutto nella figura del grande editor e scrittore Anthony Boucher, che si sforza di promuovere una migliore qualità letteraria nella fantascienza. Suo discepolo è Philip K. Dick, ma a questa tendenza appartengono anche altri scrittori che esplodono in questo decennio, come Fritz Leiber (che insegnava Shakespeare in un college) o Cordwainer Smith (coltissimo discendente di una potente famiglia americana, cresciuto in Cina e imbevuto della cultura di quel paese); le esperienze, le invenzioni, le scoperte e le soluzioni stilistiche di questi scrittori apriranno la strada ai discepoli, negli anni sessanta, della “New Wave”.

Anni sessanta e settanta: la New Wave

La rivoluzione nella fantascienza fu portata avanti sui due lati dell’Atlantico: nel Regno Unito c’era il gruppo di scrittori legati alla rivista “New Worlds”, tra cui spiccava James G. Ballard, ma che contava anche altri talenti come Brian W. Aldiss, John Brunner e Michael Moorcock. Negli Stati Uniti la figura di riferimento diventò il provocatorio e dissacrante Harlan Ellison, innovativo autore di racconti e curatore di due antologie intitolate Dangerouse Visions e Again che smossero le acque fin troppo ferme del genere con argomenti scottanti: il sesso, le droghe, il femminismo, il razzismo, il Vietnam, ecc. Nelle antologie di Ellison ci sono nomi importanti della nuova fantascienza americana: Robert Silverberg, Philip José Farmer, Philip K. Dick, Roger Zelazny, Samuel R. Delaney, Norman Spinrad, R.A. Lafferty, Joanna Russ, Ursula K. Le Guin, Gene Wolfe, Kate Wilhelm. La fantascienza della New Wave fu il prodotto di due tendenze che s’incrociavano creando un equilibrio instabile:

  • una ricerca letteraria che spinge molti scrittori a rifarsi ai modelli della “letteratura modernista” e alle avanguardie del “post modernismo”, quindi a non scrivere nello stile da Best Seller ovvero della “letteratura di consumo”, tipico fino a quel momento di molta letteratura fantascientifica (il migliore rappresentante di questa tendenza è il più sofisticato e letterario tra gli scrittori americani, Thomas Disch;
  • una ben precisa volontà di andare a toccare temi tabù che erano stati assenti per anni dalle riviste di fantascienza: non a caso questo è il momento in cui s’inseriscono autori neri, come Delany, o donne, come la Russ o la Le Guin, o dichiaratamente gay, come Thomas Disch e ancora Delany.

Se da un lato la nuova ondata (questo il significato letterale di New Wave) costrinse finalmente il mondo accademico – non solo negli Stati Uniti – ad occuparsi della fantascienza, pur tra resistenze e incomprensioni – è in questo periodo che nascono le prime riviste accademiche di critica sulla fantascienza, Science-Fiction StudiesFoundation ed Extrapolation, – dall’altro la sofisticazione letteraria di queste opere portò alla presa di distanza di molti fan della fantascienza tradizionale degli Asimov e degli Heinlein.

Anche il decennio successivo fu caratterizzato dalla continuazione dell’attività della New Wave: soprattutto Ballard scrisse in questo periodo la sua trilogia fondamentale: “Crash”, “Il Condominio (High Rise)” e “L’Isola di cemento (The Concrete Island)”. Entrò in crisi invece Philip K. Dick, per problemi di droga ed esistenziali, che lo portarono a una pausa nella sua produzione fino alla seconda metà del decennio. L’impatto innovativo della New Wave poco a poco si attenuò ed i singoli autori andarono ciascuno per la propria strada.

Gli anni settanta videro anche l’emergere di numerose scrittrici, sempre più interessate ai temi del femminismo e più in generale dell’identità femminile. Tra le figure dominanti spiccarono Joanna Russ e Ursula K. Le Guin, Marion Zimmer Bradley e Doris Lessing, autrice, quest’ultima, che proveniva da altre esperienze, ma che negli anni settanta scrisse il monumentale ciclo fantascientifico di “Canopus in Argos: Archives”. A queste va aggiunta Alice Sheldon, una notevole autrice che fino al 1977 si era nascosta dietro lo pseudonimo maschile di James Tiptree Jr..

A metà degli anni settanta nel cinema di fantascienza il travolgente successo di “Guerre Stellari” di George Lucas riporta in auge i temi della space opera degli anni quaranta; la pellicola richiamava alcuni elementi di sword and sorcery (letteralmente ‘spada e stregoneria’) e fu coniato per essa il termine ibrido science fantasy e alcuni commentatori si sono azzardati a dichiarare che si tratta di una fiaba riverniciata di fantascienza. Il successo clamoroso della serie sancì il ritorno a una fantascienza d’intrattenimento, più spensierata e meno culturalmente impegnata.

Anni ottanta: il cyberpunk

A dominare la scena nei primi anni ottanta fu l’ondata cyberpunk. Il nuovo spazio da esplorare, dopo quello esterno tra le stelle e quello interiore della psiche, fu quello virtuale delle tecnologie informatiche e di telecomunicazione. Si può dire che Internet sia stata profetizzata (anche se già ne esisteva una prima forma pionieristica) nel 1984 dal romanzo più celebrato del cyberpunk “Neuromante” di William Gibson con il suo cyberspazio. Anche il cyberpunk fu lanciato da un’antologia di racconti, “Mirrorshades”, curata dall’intraprendente scrittore e giornalista Bruce Sterling.

Sulla scia dell’ondata cyberpunk si assistette ad un rinnovato interesse accademico per la fantascienza (vista come un’area confinante con la letteratura postmoderna), all’esplodere dell’immaginario fantascientifico nel nuovo ambito dei videogiochi, ma soprattutto ad un rinnovato interesse da parte del cinema di Hollywood, che cominciò a realizzare, complici le nuove tecnologie digitali, film sempre più spettacolari spesso basati, direttamente o indirettamente, sui classici del genere. Le avanguardie furono una volta ancora sostituite dal “mercato”. L’ondata cyberpunk durò meno della New Wave, soprattutto a causa dell’affievolirsi dell’ispirazione dell’autore più dotato, William Gibson. Altri autori del movimento si affermarono in modo più o meno duraturo, come Lucius Shepard, Kim Stanley Robinson, Rudy Rucker, Lewis Shiner. A margine del movimento cyber si pose una tra le più interessanti autrici di quegli anni, la sofisticata e letteraria Pat Cadigan, mentre ne era del tutto al di fuori l’altra figura di spicco della scrittura al femminile, l’afroamericana Octavia Butler.

Anni novanta: la fine di un genere e la sua ibridazione

Negli anni novanta, in particolare negli Stati Uniti, si assistette a un declino delle vendite di tali proporzioni che alcuni scrittori cambiarono genere: un vecchio leone come Thomas M. Disch, si riciclò brillantemente nell’horror con la sua Minnesota Supernatural Series; Robert Sheckley tentò di passare al giallo (come aveva già fatto negli anni sessanta), ma senza grandi risultati; Patricia Anthony, una delle autrici più promettenti, dalla fantascienza passò al fantasy; Jonathan Lethem, considerato da alcuni l’unico vero erede di Philip K. Dick, passò alla letteratura mainstream. Tutto questo avvenne nel momento in cui temi, idee, immagini, luoghi, trame della fantascienza comparivano sempre più spesso anche al di fuori del genere, e si parlò di un genere avantpop che pescava dalla fantascienza, dal giallo, dal western, dall’horror. Oltre alla prima produzione di Lethem, buon rappresentante di questa tendenza fu uno degli scrittori giovani, Matt Ruff.

Anche in Gran Bretagna, la ripresa della letteratura fantascientifica si legò a fenomeni d’ibridazione, che fecero parlare di new weird, o di weird fiction, o slipstream. China Miéville, ad esempio, nei suoi romanzi mescolò fantasy, horror, gotico, fantascienza e (in dosi massicce) i giochi di ruolo. In Gran Bretagna il periodo segnò anche una certa ripresa della fantascienza, tanto che alla fine del decennio si parlò di un vero e proprio “British Boom”, legato all’attività di nuovi autori quali Iain Banks, Ken MacLeod, M. John Harrison e, infine, il più giovane, China Miéville.

Ma fu solamente un fuoco di paglia! A tutt’oggi, la fantascienza come specifico letterario autonomo non esiste più, ma continua a vivere ibridata in vari generi……………

Gabriele Morelli

Giugno 2016

Commenti

  • Giancarlo 05 / 01 / 2021 Reply

    Una disamina davvero dettagliata e interessante per un genere letterario di cui poco si parla. Ci sono dei testi sulla fantascienza ma sono stati pubblicati al più tardi negli anni ottanta. L’articolo pubblicato ci aggiorna con una intelligente sintesi.

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