CONSIGLI DI LETTURA – Umberto Eco: “Il fascismo eterno”

“Il fascismo eterno” di Umberto Eco – La Nave di Teseo, 2018

recensione di Stefano Balestri 

 

E’ un agile libretto di 50 pagine che raccoglie una Conferenza tenuta da Umberto Eco presso la Columbia University il 25 aprile del 1995.

Eco traccia quelle che individua come caratteristiche tipiche dell’ “Ur-Fascismo” o il “fascismo eterno”, perché il fascismo non ci ha mai abbandonato dalla sua caduta, i cui prodromi risalgono al 25 luglio del 1943 con l’Ordine del giorno Grandi. Infatti in quella riunione del Gran Consiglio del fascismo, Mussolini fu messo in minoranza e il re Vittorio Emanuele III lo fece arrestare. Ma la caduta definitiva va evidentemente indicata nella conclusione della guerra in Italia nell’aprile del 1945.

Il fascismo, dunque, ci dice Eco, non è mai morto, ha continuato a serpeggiare nelle pieghe della nostra società fino ad oggi. Eco ne individua alcune caratteristiche. Il tradizionalismo, che precede il fascismo, ed esso si è nutrito di pensatori tradizionalisti, con uno sconfinamento in forme irrazionalistiche e occulte.

Il rifiuto del modernismo, e anche qui l’irrazionalismo risalta attraverso “un’ideologia basata sul sangue” e la “ terra” e la condanna del razionalismo illuminista.

La cultura è sospetta (“porci intellettuali”) perché ovviamente essa porta ad assumere un pensiero critico che un regime totalitario non può tollerare. “Lo spirito critico opera distinzioni e distinguere è un segno di modernità”. . . “Per l’UR-Fascismo, il disaccordo è tradimento”.

Il razzismo è un carattere distintivo del fascismo, non vuole intrusi “cerca il consenso sfruttando ed esacerbando la naturale paura della diffidenza”.

Il fascismo trova un uditorio anche nelle classi subalterne quando sono spaventate da una crisi economica. Il fascismo ha bisogno di creare dei nemici, l’ossessione del complotto dove l’identità nazionale è sotto attacco, agitando la paura xenofoba (ebrei,, stranieri, zingari. . .). “Il pacifismo è allora collusione col nemico, il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente”. Tale assunto conduce, in ultima analisi, alla guerra con il mondo per sottometterlo al proprio controllo totalizzante. La guerra implica il mito dell’eroe, della “bella morte”. Peccato che “gli riesce più di frequente far morire gli altri”.

Il fascismo si oppone al parlamentarismo e vuole essere rappresentante indiscusso della volontà del popolo che plaude in blocco la volontà del Capo il quale pretende di interpretarne le istanze. Volontà profondamente condizionata dalla propaganda a senso unico dopo aver spento tutte le voci del dissenso. Scrive Eco: “Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimità del parlamento perché non rappresenta più la – voce del popolo-, possiamo sentire l’odore dell’ “UR- Fascismo”.

Anche un lessico povero e una sintassi semplice, le parole d’ordine: Vincere, credere, combattere; Vincere e vinceremo; A noi!; hanno lo scopo di “limitare gli strumenti per il ragionamento complesso e critico”.

Dobbiamo pensare che oggi il nostro Paese, dopo 73 anni di democrazia, abbia maturato gli anticorpi contro ogni forma di deriva autoritaria, ma l’attenzione deve essere sempre alta. Infatti in questi ultimi mesi, una serie di atti violenti di matrice fascista e razzista ha creato un giustificato allarme tra le forze democratiche. Questi gruppi sono minoritari, ma anche i fascisti della prima ora erano piccoli gruppuscoli; certo le condizioni storiche nell’immediato primo dopoguerra erano diverse, ma con qualche elemento di oggi, dove instabilità economica, disoccupazione, movimenti xenofobi che soffiano sul fuoco delle paure, possono ingenerare quelle tensioni che favoriscono forze antidemocratiche. Una barriera a tutto ciò sono le politiche economiche volte a limitare le differenze sociali; il potenziamento della cultura che stimoli una conoscenza critica dei fatti storici attraverso il recupero della memoria non solo come momento ritualistico, ma di conoscenza dei fattori che hanno portato ,con le dittature, alle grandi tragedie del ‘900. Nella consapevolezza che le libertà democratiche vanno continuamente conquistate.

 

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